Ma quanto è vecchia?
Sì, forse è la più vecchia.
Se possiamo chiamarla tecnologia, l'uso della pasta madre per fare il pane è una delle più antiche che ancora ci portiamo dietro con pochissime varianti.
Però mi ha colpito la domanda che in molt* mi hanno fatto in occasione dello spaccio presso il Terra Nuova Festival a Marina di Pietrasanta qualche settimana fa: "Ma questa pasta madre quanti anni ha?"
Ho sentito spesso altri appassionati di pasta madre decantare l'età vetusta della loro pasta madre e precisare anche la provenienza geografica come a volerne assicurare il lignaggio.
La cosa non mi ha mai convinto granché anche perché sono convinta che, nella lotta per la sopravvivenza (e in un certo senso anche per il predominio), i batteri autoctoni, già dopo qualche settimana, non potessero che avere la meglio sugli "stranieri".
Mi piace molto tenere presente che in quel pezzettino di impasto che mi porto dietro anche in posti improbabili ci sono migliaia di esserini piccoli ma vivaci che fanno parte (nel senso letterale del termine) della mia famiglia, del mio ambiente, dentro e fuori di me e di coloro a cui voglio bene (e di tutti quelli a cui capita di apprezzare il pane che faccio).
Se è vero che il 90% delle cellule che compongono il nostro organismo non sono umane (vedi questa interessantissima lettura http://rassegnastampa.unipi.it/rassegna/archivio/2013/04/06SIH6005.PDF) e che "siamo una miscela perennemente variabile di microbi essenziali", se permettete, ai miei ci sono affezionata e non mi piace tanto l'idea di mescolarli con altri, per quanto siano nobili e anziani. Questo non vuol dire snobismo, la porto molto a spasso, con chi accompagnarsi lo sceglie da sola.
E poi, in generale, della nobiltà delle casate mi è sempre importato il giusto.
Ho inoltre le prove che i miei adorati batteri non sono solo nella pasta madre, sono ovunque nell'ambiente in cui vivo e infatti, tutte le volte che mi sono scordata di togliere il pezzettino di impasto per la volta successiva mi è bastato impastare un po' d'acqua e di farina sulla mia solita spianatoia (ma ho provato anche sul piano di marmo del tavolo di cucina appositamente pulito) per vederla "gonfiarsi" nel giro di pochi giorni, anche d'inverno.
E poi la conferma definitiva la ho avuta da Bruno Moro, uno degli "anziani" della pasta madre in Italia, uno di quelli che il pane con la pasta madre l'ha visto fare davvero e ha continuato a farlo quando nessun* lo faceva (ma proprio nessun*) e che tutti gli anni, a San Giovanni (cioè oggi) raccoglie all'alba la rugiada dalle foglie di cavolo e con quella fa ripartire una nuova pasta madre. Sicuramente a Preganziol per San Giovanni la rugiada c'è, ma qui non ce n'è nemmeno l'ombra (è qualche anno che provo senza risultato...) e allora faccio un'altra cosa altrettanto magica: l'acqua di San Giovanni, che si ottiene lasciando tutta la notte all'aperto una bacinella foglie e fiori di lavanda, iperico, mentuccia, ruta e rosmarino raccolti nella zona (qui qualche indicazioni più particolareggiata). Con quella faccio, sulla mia solita spianatoia, un impasto di acqua e farina pieno di speranze e aspirazioni per un nuovo anno di pani, panettoni, colombe, pizze, focacce e quant'altro la mia nuovissima e vecchissima pasta madre vorrà aiutarmi a creare.
Se possiamo chiamarla tecnologia, l'uso della pasta madre per fare il pane è una delle più antiche che ancora ci portiamo dietro con pochissime varianti.
Però mi ha colpito la domanda che in molt* mi hanno fatto in occasione dello spaccio presso il Terra Nuova Festival a Marina di Pietrasanta qualche settimana fa: "Ma questa pasta madre quanti anni ha?"
Ho sentito spesso altri appassionati di pasta madre decantare l'età vetusta della loro pasta madre e precisare anche la provenienza geografica come a volerne assicurare il lignaggio.
La cosa non mi ha mai convinto granché anche perché sono convinta che, nella lotta per la sopravvivenza (e in un certo senso anche per il predominio), i batteri autoctoni, già dopo qualche settimana, non potessero che avere la meglio sugli "stranieri".
Mi piace molto tenere presente che in quel pezzettino di impasto che mi porto dietro anche in posti improbabili ci sono migliaia di esserini piccoli ma vivaci che fanno parte (nel senso letterale del termine) della mia famiglia, del mio ambiente, dentro e fuori di me e di coloro a cui voglio bene (e di tutti quelli a cui capita di apprezzare il pane che faccio).
Se è vero che il 90% delle cellule che compongono il nostro organismo non sono umane (vedi questa interessantissima lettura http://rassegnastampa.unipi.it/rassegna/archivio/2013/04/06SIH6005.PDF) e che "siamo una miscela perennemente variabile di microbi essenziali", se permettete, ai miei ci sono affezionata e non mi piace tanto l'idea di mescolarli con altri, per quanto siano nobili e anziani. Questo non vuol dire snobismo, la porto molto a spasso, con chi accompagnarsi lo sceglie da sola.
E poi, in generale, della nobiltà delle casate mi è sempre importato il giusto.
Ho inoltre le prove che i miei adorati batteri non sono solo nella pasta madre, sono ovunque nell'ambiente in cui vivo e infatti, tutte le volte che mi sono scordata di togliere il pezzettino di impasto per la volta successiva mi è bastato impastare un po' d'acqua e di farina sulla mia solita spianatoia (ma ho provato anche sul piano di marmo del tavolo di cucina appositamente pulito) per vederla "gonfiarsi" nel giro di pochi giorni, anche d'inverno.
E poi la conferma definitiva la ho avuta da Bruno Moro, uno degli "anziani" della pasta madre in Italia, uno di quelli che il pane con la pasta madre l'ha visto fare davvero e ha continuato a farlo quando nessun* lo faceva (ma proprio nessun*) e che tutti gli anni, a San Giovanni (cioè oggi) raccoglie all'alba la rugiada dalle foglie di cavolo e con quella fa ripartire una nuova pasta madre. Sicuramente a Preganziol per San Giovanni la rugiada c'è, ma qui non ce n'è nemmeno l'ombra (è qualche anno che provo senza risultato...) e allora faccio un'altra cosa altrettanto magica: l'acqua di San Giovanni, che si ottiene lasciando tutta la notte all'aperto una bacinella foglie e fiori di lavanda, iperico, mentuccia, ruta e rosmarino raccolti nella zona (qui qualche indicazioni più particolareggiata). Con quella faccio, sulla mia solita spianatoia, un impasto di acqua e farina pieno di speranze e aspirazioni per un nuovo anno di pani, panettoni, colombe, pizze, focacce e quant'altro la mia nuovissima e vecchissima pasta madre vorrà aiutarmi a creare.
Devo ammetterlo, io sono un di quelle che decanta l'età vetusta di cui sopra. In verità pure a me di classe e lignaggio frega relativamente, ma mi piace pensare che quel pezzettino di impasto, di cui ormai dell'impasto originale, è chiaro, non rimane nulla, abbia viaggiato, abbia colonizzato case e cucine mutando ogni volta, arricchendosi di nuovi batteri diversi, adattandosi a ogni luogo per poi riprendere il via, viaggiare ancora e poi arrivare fino a me. Per fermarsi qui e anche continuare a viaggiare. Insomma, sono una maledetta romantica :-)
RispondiEliminaQuindi tu prepari una nuova pasta madre ogni anno, al solstizio? Che sostituisce quella vecchia? Molto bello il pensiero di impastarla con un'acqua di San Giovanni!
sì, ne preparo una nuova ogni anno per San Giovanni (non al solstizio) ma non abbandono quella dell'anno prima fino a che non sono certa di quella nuova :-)
RispondiEliminaMa che bello questo tuo post!
RispondiEliminaSi percepisce proprio l'amore per la pasta madre e per i tuoi batterini :-)
Anche a me piace pensare che nella mia pasta madre ci siano tanti esserini vivaci che scelgono con chi accompagnarsi!
Bella questa cosa di fare una nuova pasta madre con l'acqua di San Giovanni! Sarà per l'anno prossimo.....
Grazie per il link sull'acqua di San Giovanni....molto bello!
Molto interessante anche l'articolo sui batteri....l'ho stampato e me lo leggerò con calma...grazie.
Buona serata
Serena
Io panifico da 15 anni con una pasta madre "centenaria": arriva dalla spagna ed mi è stata donata da un'amica che a sua volta l'ha ricevuta da una ragazza nella cui famiglia era stata utilizzata da 3 generazioni!!
RispondiEliminaNon mi interessa in lignaggio, sicuramente la famiglia spagnola era una famiglia contadina, ma quello che mi affascina è l'"energia" che questa pasta si porta dentro. Mi piace pensare a tutte le mani, i corpi e i cuori delle donne e degli uomini che hanno panificato con esse e sono certa che una traccia della loro energia è rimasta nella pasta madre che è giunta a me. Che ricchezza!!!Senza nessuna verifica scientifica, che peraltro non mi interessa fare, credo profondamente che anche la pasta madre abbia una memoria come ce l'ha l'acqua.
Non credo che sia necessario avere una pasta madre antica per panificare bene. E sono assolutamente d'accordo con te che la popolazione di lieviti e batteri originaria avrà subito migliaia di cambiamenti negli anni. Ma nella vita serve anche credere nella magia e io ho sempre sentito la mia pasta madre "antica" ricca della magia e dell'energia di tutti coloro che l'hanno manipolata.
Tra l'altro.......confidenzialmente ho saputo....da una persona MOLTO vicina a Bruno Moro... che nella sua pasta madre che rinnova ogni anno a San Giovanni viene aggiunto un piccolo pezzo della pasta madre dell'anno precedente. D'altronde tutti gli esseri viventi hanno bisogno di radici solide per potersi alzare molto in alto!!!!
Con affetto
Agnese