l'aquila di primavera

Il nostro viaggio di primavera da donne quest'anno è stato a L'Aquila perché il silenzio urla, perché da ogni canale al di fuori dei media tradizionali arrivano grida di dolore, messaggi allarmanti, racconti inquietanti (in coda un po' di link per approfondire) sugli spazi di compressione delle libertà fondamentali permessi dall'"emergenza".
Volentieri rispondo all'appello a guardare, fotografare, ricordare e raccontare: chi ha visto ed ascoltato ha la responsabilità di far diventare l'esperienza raconto e il racconto monito perché lo scempio non si ripeta e l'attenzione resti alta su ogni emergenza, vera o falsa che sia (sul tema vedi http://fortresseurope.blogspot.com/ ).
E allora racconterò delle stampelle che reggono la città: ovunque contrafforti, impalcature, fasce, elastici, corde d'acciaio tengono insieme quello che sembra un instabile castello di carte presidiato da un esercito onnipresente.
 E un silenzio impolverato regna sovrano.

























Se ci siamo abituati al fatto che le auto di fronte a certe strade si debbano fermare, non si riesce a rassegnarsi al fatto che a fermarsi debbano essere anche i piedi e così lo sguardo si allunga fra le transenne, cerca oltre i veli che cingono i palazzi e trova abbandono, polvere e impalcature.


Abbiamo risposto alla chiamata delle donne Terremutate (http://www.laquiladonne.com) e, come se il fascino di una chiamata a L'Aquila da donne per donne non fosse già irresistibile, anche il programma dava risposta ad ogni desiderio. Strepitose, in particolare, l'installazione di Agostina Zwilling (l'intervista video si trova sul sito di laquiladonne) e le performances di Lorenza Zambon, attrice giardinera.


Fra un appuntamento e l'altro ci siamo prese il tempo per andare a visitare i resti della Amiternum romana, lo splendido teatro e di goderci la gentilezza e la competenza della persona che se ne occupa da trent'anni con amore e dedizione. A noi sono piaciute un sacco le poppe che i romani appiccicavano dappertutto in segno beneaugurante.













Le lacrime sono arrivate, infine, di fronte alla banale durezza dei numeri resi materia nei 309 nastri appesi alle transenne,










delle chiavi delle case inagibili, diventate strumento di denuncia affidato alle transenne insieme alla speranza di rientrarci in tempi ragionevoli forse anche perché il dolore che danno a ritrovarsele tra le mani ha trovato un minimo di sollievo nella trasformazione in simbolo.







Porto a casa e mi tengo nel cuore la commozione e lo sgomento di fronte alle colonne atterrate,











 alle chiese e alla Basilica di Collemaggio, che dopo mille anni rivede il cielo, le voci rotte nel racconto, il silenzio e il vagare di cani e gatti nella città chiusa, lo sdegno e la denuncia degli sprechi di soldi ed energie nel pagare a peso d'oro montaggio e affitto dei ponteggi, i permessi di accesso alla "zona rossa" rinnovati ai tecnici di mese in mese, il peso insostenibile della burocrazia e, soprattutto, l'assenza di una strategia, di un'idea comune di futuro in cui il singolo possa immaginare il proprio agire una città ferita che ora sembra solo immobilizzata in una gabbia inestricabile.


Se un tetto sulla testa non è più la primaria esigenza a cui rispondere, si sente ora la necessità di un'idea urbanistica che sembra mancare lasciando spazio a villaggi dormitorio, centri commerciali e abomini architettonici.








L'eccezione la fanno le persone che hanno occupato (e occuperanno in occasione dell'incontro nazionale dei GAS-DES) tutti gli spazi disponibili nella città (ad esempio l'asilo occupato) per dare vita e voci alle strade e alle piazze, a portare colori, suoni e, dopo, testimonianza.

Una delle sensazioni che più mi hanno colpito però è che fossimo tutte un po' troppo d'accordo, che una parte della città mancasse, che forse tutto ciò fosse in qualche modo una sfida verso qualcosa o qualcuno.

Tornerò a cercarla, l'altra L'Aquila che non ho avuto modo di incontrare e invito gli organizzatori dell'incontro GAS-DES a fare uno sforzo in questo senso. Abbiamo i mezzi e la voglia di trovare una vita comune o la disgrazia e le difficoltà ci allontanano irrimediabilmente portandoci ad arroccarci su opposte barricate ancor più di quanto non faccia l'ordinaria amministrazione?

Per approfondire basta partire da qui http://www.3e32.com/, il resto vien da sé, buon lavoro, ci rivediamo a L'Aquila a giugno.

Commenti

  1. brave! ben fatto questo racconto-resoconto, io non ho tempo di mettere giù niente, condivido il vostro sul mio blog e su fb, spero non vi dispiaccia. mi tengo in contatto lorenza zambon

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