Torino e il pane di segale

Sì, questo post è lungo, embè? Chi mira solo alla ricetta la trova in fondo, si riconosce subito perché la prima foto è della biga.
Ma io ho anche altre storie da raccontare, non sto mica sempre a fare solo il pane!
Parliamo di Torino nei giorni dei festeggiamenti per i 150 anni dell'unità d'Italia e come ogni reportage che si rispetti si comincia descrivendo la preparazione, fondamentale premessa per la buona riuscita di qualunque impresa. Sì, lo ammetto, ho preso una piega un po' retorica, sarà perché ho passato quattro giorni a ributolarmi nel Risorgimento?
Una volta scoperto che sarei stata costretta ad utilizzare un giorno delle festività soppresse per festeggiare l'unità d'Italia ho chiesto ferie anche per il giorno successivo (venerdì) e ho pensato di andare a Torino per portare le marmocchie a vedere il museo egizio e quello del cinema. Qualche settimana prima, come mio solito da qualche anno a questa parte, ho mandato una richiesta di ospitalità a tutti i gas di Torino (gli indirizzi li ho trovati su http://www.retegas.org) e subito Sabrina mi ha risposto offrendomi un tetto e compagnia per le mie bestiacce. Abbiamo anche organizzato una serata di incontro fra gas durante la quale mettere le mani in pasta insieme e mescolare le nostre paste acide.
La mattina del 17 sono partita con il mio impasto legato. All'arrivo, oltre a Sabrina, ci ha accolte una città tutta per le strade; ovunque persone che giravano a piedi sventolando bandiere; centinaia, migliaia di persone che affrontavano pazienti code improbabili per prendere un gelato come per vedere l'Italia di cioccolato in Piazza Vittorio Veneto o per comprare un pezzetto di focaccia.
Suggestivo il chilometro di lutto: un telo lungo 1.000 metri portato a braccia da decine di persone lungo via Po per ricordare ai festanti i nodi irrisolti, le promesse non mantenute che ancora affliggono l'Italia: la mafia, lo spettro della TAV in Val di Susa, le politiche sulla "sicurezza" e l'immigrazione...
Torino ci ha accolte con le sue grandi piazze, i suoi monumenti a cavallo e i suoi viali imperiali; il Po in piena lambiva le rive e allagava i locali alla moda. Tutto sembrava riportato alle persone e alla loro storia.

La serata sul pane a gas è stata vivace e stimolante e una frase alla fine mi ha fatto andare a letto contenta: "Grazie, sono arrivata qui pensando di sapere già tutto sul pane a lievitazione naturale e invece ho scoperto che oltre al tanto che avevo da condividere avevo anche tanto da imparare".

Il secondo giorno ci siamo godute una sfilza di musei, panorami mozzafiato sotto un sole avvolgente e abbiamo festeggiato il compleanno di Elena pranzando fra stucchi dorati, parquet e tappezzerie di raso nel bar di Cavour. La sera ci siamo regalate un meritato pollo arrosto con patate e una doverosa crostata di marmellata di fragole.


Il Museo del cinema.

 Le altre foto sono qui.

Ma l'evento decisivo della vacanza è stata la caduta del primo dente di Elena nel bel mezzo di via Giuseppe Verdi, poco distante da Palazzo Reale.

Al colmo della gioia ci siamo affacciate alla piazza che ha contenuto in sé disperazioni ed entusiasmi, folle protestanti e festanti, passi augusti, pensieri cupi, ambasciatori, ministri e sbirri e tutto quanto fa una nazione.
Dopo tanti uomini, finalmente, la mostra nel Palazzo Reale "Vittorio Emanuele II - Re galantuomo" dà spazio anche a qualche donna: mogli, figlie e la splendida Contessa di Castiglione il cui ruolo nel percorso verso l'unità, almeno qui, per quanto  sottovalutato, viene in qualche modo riconosciuto.

Superata la forte delusione successiva alla scoperta che il giardino reale non era accessibile perché in restauro, ci buttiamo nelle stradine del "quadrilatero romano"; sì, qui ci sentiamo più a casa, la misura meno imperiale ci sembra più consona alla nostra. Il pranzo in Piazza della Consolata non ci soddisfa ma il bicerin nello storico omonimo locale ci conforta enormemente mentre i bambini scorrazzano nella piazza.


Questo obelisco mi ha commosso, ricorda l'abolizione del tribunale ecclesiastico con Legge 9 Aprile 1850. Sull'altro lato c'è scritto "La Legge è uguale per tutti", sempre bene ricordare che anche per l'affermazione di questo sacrosanto principio è stato necessario lottare.

Sotto un sole caldo e un cielo terso e luminoso torniamo verso la stazione, recuperiamo bagagli e masserizie varie, tentiamo con scarsi risultati di lasciare meno tracce possibile del nostro passaggio e, con un misto di malinconia ed entusiasmo prendiamo possesso dei posti che ci aspettano sulla Freccia Rossa diretta prima verso Est e poi, decisamente, verso il Sud a cui, volenti o nolenti, apparteniamo.

Al ritorno mi resta la voglia di mettere le mani nella farina di segale. Un partecipante alla serata sul pane a Torino mi aveva chiesto notizie sul pane di sola segale così ho pensato di farne oggetto della fotosequenza di questo mese; una bella sfida, cominciamo.



Questi sono 300 grammi di biga pronti per partire












Ci ho aggiunto 400 grammi d'acqua tiepida e ho cominciato ad aggiungere anche la farina di segale e il sale (2 cucchiaini).











A questo punto mi sono fermata per una ventina di minuti per lasciare che la farina assorbisse l'acqua.


Passato il tempo ho buttato tutto sulla spianatoia dove ho lavorato l'impasto aggiungendo altra farina per evitare che si appiccicasse alle mani (e la segale tende ad appiccicarsi parecchio).
Nel caso del pane di segale, essendo un cereale poco glutinoso, è importante impastare abbastanza a lungo per permettere al poco glutine presente di formare la struttura portante della lievitazione.

Nello stesso tempo non bisogna esagerare per mantenere una presenza d'acqua comunque consistente. Questo è il momento di unire semi di cumino o di finocchio o semi oleosi o quel che si vuole.

Una volta soddisfatta dell'impasto lo ho messo dentro una ciotola e lasciato per 24 ore nel frigo coperto da uno strofinaccio umido.











Ecco come appariva dopo 12 ore...












... e dopo 24 ore










Una volta estratto dal frigo l'ho impastato brevemente per dargli la forma e scaldare un minimo l'impasto e l'ho messo nello stampo.

Erano le 18. Volendo si può lasciare l'impasto "libero" consapevoli che tenderà ad "allargarsi" ed abbassarsi come il bel pane di segale che ci offrono sulle vere tavole tirolesi. Fuori dallo stampo non consiglio tagli, dentro sì (nella foto non l'avevo ancora fatto).








Ecco com'era alle 22 quando ho acceso il forno.

Attenzione alla cottura, controllare che venga infornato a 180° e non ci resti molto più di 40 minuti perché è già scuro di suo, potreste non accorgervi che è crudo o troppo cotto.








Ed eccolo la mattina, pronto ad accogliere burro e marmellata.

Commenti

  1. solo per dirti che ogni tanto passo di qua e trovo sempre cose belle, come questo post su torino (e sul pane di segale, naturalmente). un caro saluto,
    franco

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